Confermo ed espando quanto spiegato dal dottor D.
Nel momento in cui la tartina cade riceve una spinta diversa sui suoi bordi opposti. Questo le imprime un momento angolare. Siccome quando cade la tartina non è che la stiamo buttando noi, ma cade da sola (di solito per errore), il momento angolare della tartina è piuttosto basso. Se imprimessimo volontariamente una forza ad un bordo della tartina il momento angolare sarebbe maggiore ed usciremmo dal caso in cui la tartina, cadendo, cade dalla parte imburrata.
Il basso momento angolare è tale da far compiere alla tartina un numero di semigiri dispari. Siccome teniamo la tartina con la maionese in alto, cadendo e compiendo un numero dispari di semigiri, la maionese cadrà in basso. Interessante è notare che i semigiri che la tartina compie sono dispari dall'altezza in cui si trova quando siamo in piedi, ma sono dispari anche dall'altezza a cui la teniamo da seduti. Diabolico. Ma c'è qualcosa di ancora più diabolico.
Se la tartina avesse più spazio, ossia se si trovasse più in alto, il numero di semigiri sarebbe pari, perché avrebbe spazio per fare un semigiro in più.
Di quanto esattamente dovremmo essere più alti? Dovremmo essere alti circa 3 metri.
Perché non siamo alti 3 metri?
Se fossimo alti 3 metri, inciampando e cadendo, la velocità lineare a cui si sposterebbe la nostra fronte sarebbe talmente elevata che il nostro cranio si romperebbe irribediabilmente con l'urto. Ossia, le nostre ossa non sono adatte a supportare una struttura così alta.
E perché non lo sono?
Per la loro composizione chimica.
Da cui si deduce che la tartina cade dalla parte imburrata per la natura chimica dell'atomo di calcio (che è il componente principale dell'osso).
Diabolico pensare che era scritto nella formula chimica del calcio che le tartine dovessere cadere dalla parte imburrata, prima ancora dell'avvento dell'umanità, prima che qualcuno potesse anche solo pensare alle tartine...
Murphy rules!