Domanda:
E=mc2 (al quadrato insomma)... spiegazioni!!?
2007-06-01 07:42:30 UTC
grazie delle vostre risposte.... vorrei delle vostre spiegazioni e dei vostri pensieri
Undici risposte:
ĞĭõĞĭõ
2007-06-01 09:33:32 UTC
Considerando un corpo a riposo (!!!), dalla formula dell'energia relativistica risulta la famosa formula:

E = m * c^2

dove m é la massa a riposo e c é la velocitá della luce nel vuoto (cioé una costante di ca 300.000 m/s).



La formula dichiara (a differenza della meccanica newtoniana che postula un'energia nulla per un corpo a riposo) che esiste un'equivalenza tra massa ed energia, cioé che qualsiasi corpo a riposo ha un'energia sotto forma di massa che puo essere trasformata in altre forme di energia.



Questa magari sembra una scoperta poco importante ma é il principio della bomba atomica e del funzionamento del sole e quindi di grande interesse scientifico!Oltretutto a causa del grande valore di c, una massa piccolissima é l'equivalente ad una grandissima quantitá di energia! Insomma siamo circondati da moltissima energia.



La formula non dichiara quanta energia ci vuole per raggiungere una certa velocitá (es.della luce), dato che m é la massa a riposo! Si deve considerare anche il fattore di lorentz e l'energia cinetica!



Oltretutto non c'é nulla di metafisico nella formula! Ammettiamo sia vero che l'energia si possa trasformare in altre forme di energia "metafisica"!L'energia totale del sistema é la somma delle energie singole di vario tipo!La fisica, non conoscendo le energie metafisiche, riscontrerebbe una mancanza di energia del sistema se qualche cosa si trasformasse in energia "metafisica" o in altre forme di energia non conosciute!

Ma guarda caso la somma delle energie conosciute rimane sempre costante!
2007-06-01 08:45:02 UTC
La formula scoperta dal grande Albert Einstein ci dice non è vero quanto diceva Newton che un corpo fermo non ha energia!



Infatti un corpo a riposo ha energia sotto forma di massa.



La E della formula è l'energia totale del corpo, che è proporzionale alla sua massa (m) e alla velocità della luce al quadrato (c).



Per esempio l'energia di un kilogrammo (m=1) è pari a

(300.000.000 m/s)* (300.000.000 m/s)

=90.000.000.000.000.000 W*s (9 con 16 zezi!)



Cioè 90 milioni di miliardi di Watt al secondo



dividendo per 3600 diventano



25.000.000.000.000 W*h



cioè 25 mila miliardi di Wattora.



Una lampadina da 100 W consuma in un'ora 100 Wattora e quindi con un kilogrammo di massa possiamo tenere accesa una lampadina per



250.000.000.000 ore oppure

10.416.000.000 giorni oppure

29.000.000 anni!!!!
2007-06-02 04:06:30 UTC
L'energia ragruppata in un oggetto è pari alla propria massa moltiplicata per la costante della velocità della luce nel vuoto al quadrato.
thebestisale92
2007-06-04 11:04:27 UTC
E = mc2 Cosa vuole dire ?

È la formula più famosa della relatività .

Vuole dire che la materia (rappresentata dalla lettera m) si può trasformare in energia ( che si rappresentata on la lettera E). E quel 2 cosa rappresenta? La lettera c indica il valore della velocità della luce, quel 300.000 chilometri al secondo di cui abbiamo già parlato. In numero 2 indica che, per calcolare l’energia E, ottenibile da una certa quantità di materia, si deve moltiplicare il valore della sua massa m per due volte la velocità della luce. Poiché il valore di c è grandissimo si potrà ottenere molta energia da pochi grammi di materia.

Alberto Einstein dopo la teoria della relatività ristretta (1905) formula nel 1916 la teoria della relatività generale, che sostituisce la teoria di Newton sulla gravitazione.

Vince il Nobel per la fisica nel 1921 e diventa una figura popolare in tutto il mondo ,non solo tra gli scienziati ma anche tra la gente comune.
2007-06-01 11:06:32 UTC
Energia= massa * velocità della luce^2
Luigi 74
2007-06-01 13:36:45 UTC
La spiegazione non è semplice. Dovrei riassumere la teoria della relatività ristretta, quindi parlare della dilatazione dei tempi

e della contrazione dello spazio ma non c'è spazio sufficiente.

Dovrei anche conoscere il livello delle tue conoscenze. Comunque non c'è nulla di metafisico e l'equivalenza fra massa

ed energia è abbondantemente provata dalle reazioni nucleari che, in natura, avvengono dentro le stelle e sono la fonte dell'energia che irradiano. L'uomo ha riprodotto il fenomeno nei

reattori delle centrali elettriche (solo in Francia sono circa 60 e coprono il 70 % del fabbisogno energetico del paese) e, purtroppo, anche nelle bombe di Hiroshima e Nagasaki.

Se l'argomento ti interessa ci sono tanti libri che espongono

la relatività ristretta in modo semplice senza troppi formalismi

matematici. A suo tempo, tanti anni fa, lessi sull'argomento

un libro di Einstein, un altro di Bertrand Russell, prima di studiarlo in maniera sistematica nei corsi di Fisica Matematica e di Fisica Superiore. I libri indicati erano affrontabili con le nozioni liceali, ora, probabilmente, saranno

irreperibili.
2007-06-01 08:24:34 UTC
E=FS

Ft=mv

F=mv/t

S=vt

E=mv/t*vt

E=mv^2

se v=velocità luce=c

E=mc^2

un corpo di massa "m" per poter viaggiare alla velocità della luce gli devi fornire un'energia appunto E=mc^2

oppure

un corpo di massa "m" se si trasforma tutto in energia ti fornisce un'energia appunto E=mc^2
2007-06-02 04:07:41 UTC
Evoluzione della teoria della relatività

Gli antichi Greci cominciarono a interrogarsi sulla natura, sul suo ordine (cosmo) e sulla possibilità dell'esistenza di princìpi e leggi di natura. Quasi tutti i filosofi dell'antichità si occuparono di questioni che almeno in parte sono inerenti a quella che oggi chiamiamo fisica, parola che non a caso ha origine greca e che sta a rappresentare "le cose della natura": possiamo citare Eraclito, Parmenide e Zenone, nonché Leucippo, Democrito, Platone ed Aristotele. Leggiamo nella Fisica di Aristotele quelle che si potrebbero considerare come le prime teorie (in senso moderno) sul moto; benché egli non sia certo un precursore del principio d'inerzia, possiamo già riconoscere, all'interno dei suoi scritti, alcune tematiche a tutt'oggi attuali. Alcuni studiosi vi hanno riscontrato intuizioni relativistiche.



La scienza moderna comincia con l'assunto fondamentale, dovuto a Galileo, che le leggi della fisica abbiano la stessa forma rispetto a qualunque sistema di riferimento si adotti nel quale valga la legge di inerzia: questo assunto venne definito nel 1609, è oggi chiamato "principio di relatività galileiano", ed è tuttora valido. Esso si basa sulla grande intuizione di Galileo della composizione dei moti e quindi della legge di somma delle velocità: in brevi parole, se due osservatori sono in moto relativo tra loro e ognuno di loro si sposta con uniformità, in modo che la velocità relativa sia costante, misureranno spazi differenti rispetto allo stesso evento, ma la "forma" delle loro osservazioni ha la stessa veste algebrica. Nulla tuttavia si dice sui tempi.



Il concetto che il tempo sia legato al sistema di riferimento è il contributo proprio ed originale di Einstein. Infatti, quando Newton, leggendo e studiando con accuratezza sia il Dialogo sopra i Massimi Sistemi, sia i Discorsi sopra una Nuova Scienza, interpretò le intuizioni originali presenti a livello geometrico negli scritti di Galileo, le assimilò e le fece proprie, originando così la forma matematica e fisica della Meccanica, si trovò di fronte al principio di relatività e gli divenne manifesto che la sua adozione implicasse in modo necessario un riferimento in cui la prima legge della Dinamica (la legge di inerzia di Galileo) dovesse avere piena validità. Il vero problema tuttavia era e rimane dove collocare tale sistema di riferimento: risolse il dilemma asserendo che tutti gli spazi relativi si riferissero ad uno spazio assoluto, il solo esistente invariato e immutabile, e che l'immutabilità dello spazio assoluto fosse nient'altro che l'espressione dell'esistenza di un tempo assoluto, che scorre uniformemente, pervadendo tutto lo spazio assoluto.



La soluzione di Newton fu brillante e diventò un paradigma destinato a durare per secoli. Già Galileo, tuttavia, con i suoi tentativi di misurare la velocità della luce su base terrestre, esprimeva dubbi non risolti per l'epoca su come si dovesse intendere il principio di relatività e quindi il principio di inerzia ad esso strettamente correlato. Questi dubbi rimasero sopiti, offuscati dal fulgore del grande successo della Meccanica Newtoniana, fino al 1905.



Con l'avvento delle equazioni di Maxwell, delle trasformazioni di Lorentz e infine della teoria della relatività di Einstein viene meno il concetto, fino ad allora dato per scontato, di tempo assoluto. La teoria parte dall'assunto che se la velocità della luce è una costante allora il tempo e lo spazio sono delle variabili. Il tempo e lo spazio sono legati insieme a formare quello che viene chiamato spaziotempo.



Quando ci si muove rispetto ad un sistema di riferimento il tempo rallenta e la massa aumenta in maniera crescente man mano che ci si avvicina alla velocità della luce. Da qui è facile dedurre il motivo per cui la teoria della relatività ristretta dice che non è possibile superare, o anche solo raggiungere, la velocità della luce, il tempo si fermerebbe e la massa diventerebbe infinita, in sostanza un assurdo!



Si dice teoria della relatività non perché sia una semplice teoria ancora da confermare, ma semplicemente perché questo è il nome dato alla sua nascita e da allora non è mai stato modificato. Anche se sappiamo già che, in nuce, contiene i suoi limiti in quanto considera continui la materia e lo spaziotempo e tralascia la meccanica quantistica, resta una delle teorie più precise mai verificate sperimentalmente.





Teoria galileiana

Nata con la fisica classica, dal punto di vista matematico è rappresentata da un sistema di equazioni che lega le coordinate di un sistema di riferimento con quelle di un secondo sistema di riferimento che si muove con velocità costante v rispetto ad esso. Le trasformazioni classiche consistono in: relatività galileiana, relatività di Galileo-Newton e trasformazioni di Galileo.



Due osservatori, che devono poter comunicare fra di loro, determinano due diverse posizioni per il medesimo oggetto mobile che si trova in una data posizione. I due osservatori OI e OII che studiano il moto di un medesimo punto P, determinano contemporaneamente la posizione di P e dell'altro osservatore, PI (distanza tra osservatore OI e il punto P) e PI-II (distanza tra OI e OII) per OI e PII (distanza tra OII e il punto P) e PII-I (distanza tra i due osservatori) per OII. Poiché lo spazio si considera euclideo, essi sanno che



PI − II = − PII − I

La relazione fra le due misure si trova facilmente:



PI = PII + PI − II

oppure



PII = PI + PII − I

E quindi entrambi utilizzando le proprie misure sono in grado di calcolare cosa ha misurato l'altro. Può anche bastare che uno dei due osservatori effettui le misure e le trasmetta all'altro per i calcoli. Se gli osservatori determinano la posizione P in istanti diversi di una successione temporale allora sono in grado di determinare il vettore posizione di P in funzione del tempo basandosi sulla seguente relazione



PI(t) = PII(t) + PI − II(t)

Le stesse osservazioni effettuate sul piano si possono riproporre nello spazio.



Per poter correlare le due determinazioni queste devono essere eseguite nel medesimo istante. I due osservatori si devono quindi scambiare un segnale per accordarsi su quando fare la misura e il segnale deve propagarsi istantaneamente (cioè con velocità infinita). Al contrario, se il segnale si deve trasmettere con velocità finita e nota, i due osservatori prima di allontanarsi l'uno dall'altro, per andare ad eseguire le rispettive misure, possono sincronizzare i loro orologi, ma allora si deve supporre che il movimento degli orologi non alteri il sincronismo, né il passo degli orologi stessi (si sta ipotizzando che gli orologi siano della medesima fattura), cosa che si può verificare scambiando dei segnali, ma si ottiene ancora una misura "non corretta", cioè in contraddizione col concetto di tempo assoluto.



Galileo aveva chiaro il problema, tanto è vero che fece appunto il tentativo di misurare la velocità della luce, solo che si basò su una distanza terrestre di circa 30 chilometri, la distanza tra due colline in Toscana, da una delle quali egli con un assistente sull'altra collina, avrebbero dovuto misurare il tempo di propagazione della luce di una lanterna, prima coperta con un panno e poi scoperta brevemente, con il battito del proprio polso; in queste condizioni non riuscì neppure a sentire due battiti del proprio polso che la luce era già arrivata, dal che Galileo dedusse che la velocità fosse estremamente alta, ma in cuor suo era pronto a giurare che fosse finita. Si poteva quindi trascurare il tempo di propagazione del segnale.



Ciò consente l'effettuazione di misure sincrone. In questo consiste l'approssimazione della relatività di Galileo, validissima in situazioni comuni, nelle quali le velocità in gioco siano molto al di sotto della velocità della luce.



Le teorie galileiane, del tutto valide nel campo della meccanica, dinamica e cinematica, non hanno però validità in campi della fisica, come per esempio nell'elettromagnetismo, nei quali intervengono fenomeni e processi con velocità paragonabili alla velocità della luce: in queste situazioni diventa necessario, per misurare grandezze fisiche in altri sistemi inerziali diversi dal proprio, applicare le trasformazioni di Lorentz, scoperte da Einstein nel 1905. Inoltre sono corrette solo per velocità piccole rispetto alla velocità della luce, quando gli effetti relativistici di Einstein sono piccoli rispetto alle quantità in gioco.



Secondo il fisico Leonardo Ricci, la relatività galileiana era già nota prima della sua formulazione, almeno nei principi generali, legati alla relatività dello spazio. A sostegno della sua ipotesi, Ricci porta niente meno che Dante. Nel canto XVII dell'Inferno, e precisamente nei versi 115-117, il Vate scrive:



"Ella sen va notando lenta lenta;

rota e discende, ma non me n'accorgo

se non che al viso e di sotto mi venta"

In un articolo pubblicato su Nature nel 2005, Ricci ci fa notare come Dante fosse ben consapevole della visione scientifica del mondo suo contemporaneo: senza di essa non avrebbe potuto scrivere la sua opera. Di passaggio, Ricci rileva che fu proprio Galileo, profondo conoscitore della Commedia, a fornire una prima stima del diametro del girone, in circa 60 km. Galilei si basò su due indicazioni precise (verso 9 del canto XXIX e ai versi 86-87 del canto XXX).



Aggiunge Ricci:



«Un fisico contemporaneo può dimostrare che, date queste dimensioni e qualunque sia la velocità, la forza fittizia centrifuga avvertita dal passeggero risulterebbe molto più piccola della forza superficiale dovuta al vento apparente: nessuna forza di questo genere è menzionata nella narrazione. Benché un simile ragionamento vada oltre quelle che erano le conoscenze fisiche del medioevo, Dante aveva tuttavia intuito come il suo moto fosse di fatto rettilineo: egli stesso ne indica la direzione, scomponendo il vettore che descrive il vento apparente nelle due componenti orizzontale ("al viso") e verticale ("di sotto")».



[modifica] Critica della relatività galileiana

Verso la fine del 1800 Ernst Mach e diversi altri, fra cui Hendrik Lorentz, si scontrarono con i limiti della relatività galileiana, non utilizzabile per i fenomeni elettromagnetici. Einstein si trovò quindi di fonte a due trasformazioni diverse: quelle di Galileo, valide in meccanica e quelle di Lorentz, valide per l’elettromagnetismo ma prive di un supporto teorico convincente. La situazione era molto insoddisfacente.





[modifica] Relatività in Einstein

Con Albert Einstein, la teoria della relatività ebbe un ulteriore sviluppo e oggi si tende ad associare a tale teoria il nome del fisico tedesco, dimenticandosi, spesso, delle radici del problema. La sua teoria, comunque, si compone di due distinti modelli matematici, che passano sotto il nome di:



Relatività Ristretta

Relatività Generale



[modifica] Relatività ristretta

La relatività ristretta, chiamata anche relatività speciale fu la prima ad essere presentata da Einstein, con l'articolo "Zur Elektrodynamik bewegter Körper" (tr. "Elettrodinamica dei corpi in movimento") del 1905, per conciliare il principio di relatività galileiano con le equazioni delle onde elettromagnetiche.



Precedentemente, a tal fine, erano state proposte alcune teorie che si basavano sull'esistenza di un mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche, chiamato etere; tuttavia, nessun esperimento era riuscito a misurare la velocità di un corpo rispetto all'etere. In particolare grazie all'esperimento di Michelson-Morley fu dimostrato che la velocità della luce è costante in tutte le direzioni, indipendentemente dal moto della Terra, non risentendo così del cosidetto "vento di etere".



La teoria di Einstein scarta quindi il concetto di etere, che oggi non viene più utilizzato dai fisici, anche se informalmente si parla ancora di etere per indicare lo spazio in cui si propagano le onde elettromagnetiche.



La relatività ristretta prende in esame ciò che accade quando gli osservatori si muovono l'uno rispetto all'altro ma non prende in considerazione gli effetti del campo gravitazionale che verranno invece introdotti nella teoria della relatività generale. Essa accetta il principio di Galileo secondo il quale non è possibile discernere se un osservatore è in moto rispetto ad un altro, se nel sistema di riferimento si prendono due osservatori, dato che lo spazio è omogeneo e isotropo. La teoria si basa su due assunti:



Le leggi della fisica sono le stesse per tutti gli osservatori in moto inerziale.

La velocità della luce nel vuoto è costante in ogni sistema di riferimento



[modifica] Relatività generale

La teoria della Relatività generale venne presentata come serie di letture presso l'Accademia Prussiana delle Scienze a partire dal 25 novembre 1915, dopo una lunga fase di elaborazione. C'è un'annosa polemica sulla pubblicazione delle equazioni di campo tra il matematico tedesco David Hilbert ed Einstein: tuttavia documenti ritrovati recentemente attribuiscono con una certa sicurezza il primato ad Einstein. Vedi la voce su Hilbert per maggiori dettagli.



Il fondamento della relatività generale è l'assunto, noto come principio di equivalenza, che un'accelerazione sia indistinguibile dagli effetti di un campo gravitazionale, e dunque che la massa inerziale sia uguale alla massa gravitazionale. Tramite il calcolo tensoriale, Einstein riuscì a determinare la struttura dello spaziotempo, partendo dai tre semplici assunti della relatività ristretta e generale.



Pur dimostrandosi nel tempo estremamente accurata, la relatività generale è una teoria classica, cioè una teoria del continuo, in quanto sviluppata indipendentemente dalla meccanica quantistica e finora mai riconciliata con essa, così come la fisica quantistica, pur potendo includere la relatività ristretta, non tiene conto degli aspetti della relatività generale.



E=mc², genesi con "giallo"

La genesi e la paternità della teoria della relatività, così come fu elaborata da Albert Einstein, è circondata da una sorta di mistero che periodicamente torna ad affiorare, generando discussioni nel mondo scientifico.



Negli anni ottanta un gruppo di studiosi portò avanti su un quotidiano italiano, Il Giornale di Vicenza, una lunga battaglia a sostegno di una tesi secondo cui la celebre equazione di Einstein E=mc² sarebbe stata fatta derivare direttamente dallo studio Ipotesi dell'etere nella vita dell'universo, presentata nel 1903 al Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Schio (VI) da Olindo De Pretto (1867-1921).

De Pretto, laureato in Agraria, di professione industriale ma appassionato di Fisica e di Geologia, non rivendicò mai però la paternità - neppure in nuce - della celeberrima formula.

Nel 1999, il Caso De Pretto ha trovato tuttavia nuova linfa per mezzo di Umberto Bartocci, docente di Storia della matematica all'Università di Perugia, il quale ha narrato la propria visione dei fatti nel pamphlet - accolto peraltro con un certo scetticismo dall'ambiente accademico - Albert Einstein e Olindo De Pretto, la vera storia della formula più famosa del mondo.

Ma Einstein, in base alle supposizioni formulate nel tempo intorno al suo lavoro, potrebbe essere stato aiutato nelle sue elaborazioni sulla relatività generale da un altro italiano: il matematico Gregorio Ricci Curbastro (1853-1925), gentiluomo ancient regime dell'Emilia-Romagna, che mise a punto propri particolari calcoli tensoriali. La figura di Ricci Curbastro, spesso misconosciuta, è stata riportata a nuova luce dal libro Il genio ed il gentiluomo, scritto da Fabio Toscano, laureato in Fisica all'Università di Bologna.



È lecito supporre che, se Einstein fosse stato meno scettico nei riguardi della meccanica quantistica, che pure aveva contribuito a creare, la storia della fisica sarebbe stata differente. Nella relatività generale i limiti sono dovuti essenzialmente al trattamento delle singolarità e degli stati della materia in cui le interazioni gravitazionali e quantistiche arrivano ad avere lo stesso ordine di grandezza. Tra le evoluzioni prospettate per tale teoria, le più note ed investigate sono la teoria delle stringhe e la gravitazione quantistica a loop.



Bisogna tenere presente che la relatività in senso assoluto rappresenta una difficoltà in quanto fa riferimento al vuoto assoluto, che in realtà non esiste in quanto anche la singola attrazione modifica la velocità dei corpi che attraversano la massa, infatti in realtà un raggio di luce che cade perpendicolare su un liquido a bassa resistenza luminosa si devia facendo cosi capire che diminuisce la sua velocità cinetica.





[modifica] E = mc²

La formula E = mc², propria della teoria della relatività, è sicuramente una delle formule matematiche più famose e molto probabilmente la più famosa in assoluto, ciò grazie alla sua estrema eleganza e semplicità. In sostanza la formula prende in considerazione:



E = Energia

m = Massa

c = Velocità della luce

Diventa inoltre facile capire come massa ed energia si equivalgano e come siano, per così dire, due facce della stessa medaglia (in sostanza la massa è energia estremamente concentrata). Proprio questa equivalenza tra massa ed energia spiega come concentrando un grosso quantitativo di energia si possa creare della massa e quindi materia e come si possa ottenere un grandissimo quantitativo di energia anche partendo da una piccolissima massa.



Per fare un esempio che chiarisca questo concetto, quando lo Space Shuttle decolla di tutto il propellente usato solo all'incirca un grammo diventa energia, tutto il resto si converte semplicemente in fumo e prodotti della combustione. Utilizzando l'energia nucleare la resa aumenta ma in una comune bomba atomica, per esempio, viene convertito in energia solo all'incirca lo 0,5% della massa totale del materiale fissile. Se fosse possibile convertire per intero la massa in energia, i problemi energetici che oggi fanno tanto discutere sarebbero senza alcun dubbio risolti. Basti pensare che un chilogrammo di materia corrisponde a 25 miliardi di kWh (25.000 GWh); questa enorme quantità di energia equivale, in pratica, al consumo mensile di energia elettrica in Italia (che nel 2004 è stato, in media, di 25.374 GWh). L’equivalenza massa – energia ha dimostrato la sua straordinaria potenza, purtroppo, anche con le bombe atomiche. La bomba di Hiroshima era di 13 chilotoni, che equivalgono a 54.600 miliardi di Joule (13 x 4,2 x 10¹² J); ma questa energia rappresenta soltanto il 60% di quella che sarebbe sprigionata dalla conversione di un solo grammo di materia, che è pari a 90.000 miliardi di Joule.
KenzeNeke
2007-06-01 08:03:37 UTC
ma non era Energia = massa * velocità della luce² ???



Spiegazioni non te ne so dare, ma la formula significa questo!
2007-06-01 08:30:13 UTC
La spiegazione non é più scientifica, ma metafisica. Stabilito che Energia =Massa C2, c'é poco da fantasticare o illudersi. In sintesi tutta questa roba che ci circonda, compresi noi , non è altro che ENERGIA. Infatti conferma quello che ho sempre sostenuto: che l'uomo non esiste e che la nostra realtà é relativa, illusoria, effimera. Cosa rimane allora di noi ? Soltanto Una coscienza Cosmica che si chiama "campo di forza" , cioè quel QUID immateriale che rinneghiamo ogni qualvolta ci allontaniamo dalla Coscienza Superiore. Per chi non vuol capire, non ho detto niente che possa interessarlo, ma per tutti coloro che credono che la morte non esiste, questa formula é la dimostrazione che tutto é energia e che all' interno vi sono altre tipi di energia cui la scienza non conoscerà mai a scoprire.



Ciao
<
2007-06-01 08:00:16 UTC
energia=massa x velocità dellla luce alla 2a


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